Post by Gelso Emilio on Jul 23, 2022 15:04:03 GMT
La relazione padre-figlio è delicata fino a quando entrambi non diventano consapevoli della propria indipendenza emotiva,
finchè rimangono irrisolti i legami sottili che ci uniscono rischiamo di venire fortemente condizionati dalle relazioni, specialmente con i genitori.
La storia che voglio raccontarvi oggi parla di un padre che per paura impedisce al figlio di vivere seranamente,
ovviamente quello di cui parlo è una personale interpretazione che non vuole essere un giudizio,
quanto un esempio di come possono funzionare nel mondo sottile il pensiero che un genitore può avere su un figlio.
Il primo livello di consapevolezza è quello materiale: Ho paura che rapiscano mio figlio, sono una persona benestante e temo che possa venirgli fatto del male per ricattarmi. La soluzione pratica non potrà mai soddisfare la paura per l'ignoto, anche affidando il figlio ad un progetto di persone fidate rischia di rimanere la tentazione di controllare che tutto vada bene.
Ho paura che non possa guarire, mantenendo vivo il pensiero della malattia richiamo l'attenzione del figlio, il collegamento emotivo con il padre lo può indurre ad uno stress o ad una sensazione di presenza molto forte, soprattutto quando un genitore è anche molto intraprendente.
Ad un livello ulteriore di consapevolezza possiamo portare l'attenzione sul Padre, colui che lancia il pensiero di paura, e comprendere i disagi che solo lui può risolvere: la paura può diventare quindi un'insoddisfazione nella vita, l'incapacità di essere felici anche se quello che ci sta attorno non è perfetto, anche se il figlio prenderà una strada diversa, anche se appare ammalato.
Quando siamo soli riusciamo ad essere felici? Aiutare i propri figli per cercare di recuperare la propria felicità è una grande responsabilità che deleghiamo agli altri, siamo sicuri che sia per il loro bene?
Collaborare alla pari è per me un'ottima opportunità per dare valore ad una relazione genitoriale,
trovare quali intenzioni interessano ad entrambi nel presente e coltivare la volontà di perseguirle insieme.
finchè rimangono irrisolti i legami sottili che ci uniscono rischiamo di venire fortemente condizionati dalle relazioni, specialmente con i genitori.
La storia che voglio raccontarvi oggi parla di un padre che per paura impedisce al figlio di vivere seranamente,
ovviamente quello di cui parlo è una personale interpretazione che non vuole essere un giudizio,
quanto un esempio di come possono funzionare nel mondo sottile il pensiero che un genitore può avere su un figlio.
Il primo livello di consapevolezza è quello materiale: Ho paura che rapiscano mio figlio, sono una persona benestante e temo che possa venirgli fatto del male per ricattarmi. La soluzione pratica non potrà mai soddisfare la paura per l'ignoto, anche affidando il figlio ad un progetto di persone fidate rischia di rimanere la tentazione di controllare che tutto vada bene.
Ho paura che non possa guarire, mantenendo vivo il pensiero della malattia richiamo l'attenzione del figlio, il collegamento emotivo con il padre lo può indurre ad uno stress o ad una sensazione di presenza molto forte, soprattutto quando un genitore è anche molto intraprendente.
Ad un livello ulteriore di consapevolezza possiamo portare l'attenzione sul Padre, colui che lancia il pensiero di paura, e comprendere i disagi che solo lui può risolvere: la paura può diventare quindi un'insoddisfazione nella vita, l'incapacità di essere felici anche se quello che ci sta attorno non è perfetto, anche se il figlio prenderà una strada diversa, anche se appare ammalato.
Quando siamo soli riusciamo ad essere felici? Aiutare i propri figli per cercare di recuperare la propria felicità è una grande responsabilità che deleghiamo agli altri, siamo sicuri che sia per il loro bene?
Collaborare alla pari è per me un'ottima opportunità per dare valore ad una relazione genitoriale,
trovare quali intenzioni interessano ad entrambi nel presente e coltivare la volontà di perseguirle insieme.